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192 Lanifici a Follina; il lanificio Paoletti Follina  
Archeologia Industriale (AI) (vedi scheda n. 86)  
   
Il lanificio Paoletti a Follina. Fonte: D. Gasparini, Walter Panciera, in I lanifici di Follina, Verona 2000

  • Dati identificativi
  • Struttura edilizia
  • Architettura interna
  • Stato di conservazione
  • Riferimenti
  • Descrizione

Nome dell’opera/manufatto

I lanifici sul Soligo a Follina e il lanificio Paoletti

Tipo edilizio:

Opificio per la produzione tessile

Localizzazione (Comune, Prov):

Follina, TV, Italia

Coordinate GIS:

Coordinate (tipologia Gauss Boaga): X: 1741709 - Y: 5093810

Anno di realizzazione:

1795

Progettista:

Anonimo/Sconosciuto

Committenza:

Famiglia Paoletti

Destinazione originaria:

Produzione di tessuti in lana

Destinazione attuale:

Mantiene la destinazione originaria

Accessibilità:

Facilmente accessibile dal centro di Follina, in direzione sud da via Cartiera 2

Contatto per la visita:

Lanificio Paoletti – MTF Srl
Via Cartiera 2 Follina
Tel. 0438 970335
www.lanificiopaoletti.it

Pianta

Vari corpi di fabbrica, con villa padronale, tutti a pianta regolare rettangolare

Tecnica Muraria

Parte in calcestruzzo, parte in muratura rustica e parte in pietra con aperture arcate (con bordi e pilastrini in cotto), su tutti e tre i piani di sviluppo. (In ordine dalla struttura più recente alla più antica).

Solai

Parte in legno, parte in muratura

Coperture

Parte a falde in travatura lignea, parte a volta in calcestruzzo

Pavimenti

-

Scale

-

Arredi interni

Oltre ai macchinari tutt’ora in uso si conservano alcune macchine relative agli antichi cicli produttivi. Presenti, l’archivio antico, e i campionari dei tessuti fino ad oggi prodotti.

Decorazioni

-

Stato attuale:

Ottimo, in funzione

Restauri e compromissioni
significative:

Molte sono state le aggiunte di corpi di fabbrica successivi al primo impianto, ma che comunque non intaccano la struttura originaria.

Categoria/parole chiave

Opificio idraulico (lanificio) / Usi industriali dell’acqua

Fonti:

Edite

Archivi:

-

Bibliografia:

D. Gasparini, Walter Panciera in I lanifici di Follina, Verona, 2000
M.E. Luciani, Aspetti e vicende dell' industria laniera a Follina nei secoli XVI-XVII in Quaderni del Mazariol, Treviso,1998
S. Poser, Il lanificio Paoletti di Follina: radici, storia famigliare, archivio, relazione al TICCIH Congress 2006

Descrizione dell’opera/
sito/manufatto

Nel 1666 giunge a Follina Francesco Fadda. E con questa figura di imprenditore ambizioso e pugnace che si attua uno scarto ascensionale della produzione laniera. Nell'antico sito in cui i monaci cistercensi avevano una manifattura il Fadda aprì una vera e propria fabbrica in cui si accentravano diverse fasi della lavorazione della lana. In perfetta consonanza con le aspirazioni veneziane, miranti alla riconquista di quegli spazi di mercato che inglesi ed olandesi le avevano sottratto nel levante e nei mercati interni, richiese ed ottenne dal senato veneziano il permesso di produrre scottí, rattine, piumini e lille, tutte manifatture all'olandese. Questo processo di intenzionale avvicinamento alle lavorazioni estere, premiato da successi di ordinazioni e vendite, viene coronato dalla concessione da parte del governo veneziano di una privativa per gli scotti, nel 1681, a cui si aggiungeranno, nel 1696, identici privilegi per la produzione delle "saglie d'Inghilterra". L'esperienza innovatrice del Fadda e il sistema di fabbrica da lui avviato nel Seicento si rivelerà all'avanguardia anche nei secoli successivi con la creazione dei lanifrci Tron-Stahl e successivamente Colles.
Dagli anni Quaranta del Settecento, il nobile veneziano Nicolo Tron, ambasciatore per dovere ed imprenditore per scelta nel tentativo di aggirare la concorrenza scledense e nella speranza di moltiplicare le possibilità di costituire una privativa avvia la produzione di "londrine seconde" a Follina. Non c'era, infatti, luogo più adatto dello stabile del Fadda, in cui erano accentrate la tessitura, la follatura, la tintoria, la cimatura, il finissaggio e magazzini ad accogliere un progetto così ambizioso. Con un migliaio di persone impiegate divenne in poco tempo la fabbrica più grande dello stato veneto e forse della penisola italiana. Il successo durò tuttavia meno di un ventennio. Ben presto si manifestarono le prime perdite dovute non tanto alla debolezza fisiologica del gigantismo quanto, piuttosto, alle stimmate inferte dalla grande quantità di crediti non riscossi.
Un nuovo cambio di direzione agli inizi dell'Ottocento riporta ad una nuova, insperata considerazione lo stesso edificio. Sotto la sapiente regia di Lorenzo e Costanzo Colles, infatti la fabbrica viene riabilitata col titolo di "I.R. Fabbrica Nazionale Privilegiata" e viene indicata dalla Camera di Commercio di Treviso come la migliore dell'intera provincia e l'unica in grado di competere nei mercati internazionali, previa meccanizzazione di alcuni processi produttivi come la filatura.
(E. Luciani, La società Fadda-Bortolotti a Follina, in I lanifici di Follina. Economia, società e lavoro tra medioevo ed età contemporanea, a cura di Danilo Gasparini e Walter Panciera, Follina (TV), Comune - Verona, Cierre)
Gli inizi del Diciannovesimo secolo sono contrassegnati da un grande incremento della comunità produttiva imprenditoriale. Con ben tredici fabbricanti attivi Follina si presenta come una realtà in cui i lunghi processi di sedimentazione di saperi tecnici e valori economici sono giunti a maturazione nel computo di queste presenze le più importanti sono le ditte Andretta e Paoletti.
Sono, tuttavia, congiunture economiche sfavorevoli, unitamente alle "intromissioni" della Storia - rivoluzione degli anni 1848-49 e la perdita dei commerci con l'Impero Austro Ungarico causata dall'annessione del Veneto all'Italia - a sfoltire il numero delle imprese in funzione nel territorio.
Nel corso degli anni Sessanta sono rinvenibili solamente cinque lanifici.
La parabola discendente del tessile laniero, ormai in stato avanzato, si dimostrò inarrestabile quando anche il torrente Follina iniziò con sempre maggiore frequenza ad inaridire. Il funzionamento di tutti i macchinari non era più garantito e i telai cominciarono a smettere di battere. Una crisi senza precedenti coinvolse l'intera comunità. Con la chiusura dei due maggiori stabilimenti, il Colles e l'Andretta, gli operai disoccupati furono costretti ad emigrare o ad andare a lavorare lontano. Solo la fabbrica di Antonio Paoletti riuscì a sopravvivere rimanendo l'ultimo dei lanifici di Follina.
La storia famigliare ed imprenditoriale dei Paoletti risulta, infatti non solo contestualizzata ma anche accresciuta dall'analisi del retroterra economico e sociale in cui è ancor oggi radicata.
In un inventario del 1644 compare come “tessaro” Menego Pavoletto (1637-1708) e nel 1744 a Miane e Domenico Pauletto (N.1700-1), sempre come tessaro. Secondo quanto è stato tramandato oralmente di generazione in generazione l’affondo da compiere a ritroso nel tempo dovrebbe essere ancora più lungo: i Paoletti, famiglia di origine toscana, sarebbero stati iscritti all'arte della lana fin da XII secolo e sarebbero giunti a Miane poco dopo la bonifica della valle, operata dai monaci cistercensi dell'Abbazia, alla ricerca di acque di qualità per lavorare la lana.
Anche la data di fondazione del lanificio, fissata ancora oggi al 1795 ed affiancata dal nome di Gaspare Paoletti è un altro punto che merita attenzione. In realtà, se è vero che tra la fine del Settecento e i primi anni dell'Ottocento la famiglia si sposta da Miane a Follina e dà avvio ad un'attività manifatturiera in un piccolo stabile ancora esistente. Per una pura questione anagrafica, tale inizio non può essere attribuibile a Gaspare Paoletti (1787-1848) ma deve essere assegnato a Giacomo Paoletti (1728-1808). A Gaspare che nel 1795 aveva solo otto anni deve invece essere computata una crescita del volume d'affari e la costruzione, negli anni Trenta, della prima vera fabbrica.  Il salto da semplice manifattura a fabbrica è stato possibile grazie anche al matrimonio che Gaspare contrasse con Regina Morona, una donna ricca, intelligente ed attiva all'interno dell'impresa. La moglie, infatti, lo affiancava spesso nelle mansioni direttive, soprattutto quando l'imprenditore si assentava per curare personalmente le vendite, muovendosi in carrozza per tutto il Lombardo-Veneto e giungendo fino ad Udine. Il ruolo di conduzione esercitato da Regina Morona diventerà fondamentale nella prosecuzione dell'attività poiché, a sessantun anni, Gaspare muore lasciando la donna sola con quattro figli che, per diversi motivi, non potevano dirigere l'azienda di famiglia. Paolo Vincenzo Maurizio (1334-1908) aveva solo quattordici anni, Giacomo Antonio Gervasio Protasio (1816-1881) e Giovanni Primo Gennaro (1826-1901) per motivi vocazionali non potevano aiutarla: il primo era Parroco a Santa Maria di Feletto e il secondo era Vicario del Vescovo di Vittorio Veneto. Nel 1848 solo Antonio Giacomo Marco (1820-1894) poteva almeno sulla carta, esserle di supporto ma è plausibile che il ruolo amministrativo, commerciale e gestionale dell'azienda fosse ricoperto da lei.
La figura di Antonio Giacomo Marco è un altro degli aspetti storici che meriterebbe di essere più valorizzata. Si deve, infatti, alle sue conoscenze tecniche e agli ampi interessi culturali che lo portarono in giro per tutta Europa come attento osservatore di fiere ed esposizioni di settore se il lanificio riuscì a sopravvivere alla crisi che negli anni Ottanta e Novanta obbligò, invece, alla chiusura gli altri stabilimenti. Quando il Follina inizio ad inaridire egli aveva già provveduto a dotare la fabbrica di filatoi self-acting acquistati a Vienna, di tre turbine che funzionavano quando
era disponibile I'acqua e di una locomobile a vapore che serviva ad integrare le turbine fornendo l'energia mancante. L'aggiornamento tecnologico e scientifico manifestò il suo potere salvifico nel momento in cui si verificòo un inedito nel panorama di Follina: il venir meno di una risorsa considerata sufficiente alle esigenze e soprattutto inesauribile.
(La fabbrica aveva uno sviluppo in altezza di tre piani. Sul luogo dove era situato l'edificio costruito negli anni Trenta oggi  sorge un'altra fabbrica ancora funzionante).

Descrizione del contesto
di riferimento:

In base al Catasto napoleonico i possessori di edifici destinati all’attività laniera erano: Tiziano, Giuseppe, Francesco Bernardi, Bortolo, Pietro, Francesco Bozzolla, Lorenzo e Costanzo Colles, Angelo, Canonico Giovanni, Domenico Cristoffoli, Domenico Rosina e Giò ­Maria Bonsembiante.
In base al Catasto austriaco, invece, troviamo i seguenti possessori: Andrea, Riccardo, Pio, Costante e Matilde Andretta, Pietro e Antonio Bozzolla, Bartolomeo e Pietro Colles, Gaspare Paoletti, Domenico Rosina e Giò-Maria Bonsembiante. Nell’Ottocento continua quella tradizione laniera che aveva già caratterizzato il Seicento e il Settecento.
In base al censimento del 1807, analizzato da Giovanni Netto, risulta che nell’intera provincia di Treviso una vera e propria fabbrica si trovasse solo a Follina. Si trattava del lanificio Colles, che nel 1807 occupava circa trecento persone, anche se con meccanismi di stagionalità e di interscambio con l’attività agricola. Qui venivano prodotti “panni, londrini, scotti ordinari, fini e sopra fini, extrafini, misti, tinti e colorati, casimiri, oppure lana e seta, panni lisci ed operati”.
L’industria poté svilupparsi qui a Follina, come abbiamo già sottolineato, grazie alla compresenza di tre condizioni di tipo socio-economico favorevoli: ossia la disponibilità di energia idraulica, la facilità di reperimento della materia prima, di provenienza locale, il basso costo della manodopera, spesso avventizia e comunque strettamente legata all’attività agricola.
Per quanto riguarda il primo fattore, a Follina vi sono torrenti e corsi d’acqua adatti: il Follina, il Soligo, il Corin e la Fiadora: lungo questi corsi d’acqua sorsero, nel corso dei secoli, opifici di diversa natura, che sfruttando l’energia prodotta dall’acqua, azionavano le ruote idrauliche di folli da panni, mulini, segherie, magli-battiferro, filatoi da seta.
Il corso di questi fiumi era molto irregolare, e spesso le piene stagionali provocavano danni ai terreni circostanti nonché agli opifici. Il Follina serviva all’andamento di mulini, folli, alla cartiera e alle macchine di lanifici, in particolare al lanificio Andretta. La Fiadora, compatibilmente con la sua portata, piuttosto scarsa, alimentava qualche opificio; il Corin forniva forza idrica ad alcuni mulini e alla fabbrica del Colles. Il Soligo alimentava una segheria di proprietà del Colles; più in là negli anni il Soligo alimenterà anche il lanificio del Signor Bianchi. L’uso delle acque era libero e non era regolato da leggi locali né soggetto a società o consorzi.
Per quanto riguarda il secondo fattore, ossia la facilità del reperimento della materia prima, va sottolineato come numerosi fossero gli abitanti di Follina che possedevano delle pecore. In base al Censimento napoleonico del 1807 vengono segnalate a Follina 500 pecore. Nel 1826 si contano nel comune censuario di Follina 368 lanuti, suddivisi in 260 pecore, 15 montoni, 93 tra agnelli e agnelle. Nel 1825 venne effettuato un raccolto di lana in tutto il Comune di 2000 libbre di lana, pari a kg. 1032.
La quantità di lana prodotta nel Comune non era tuttavia sufficiente per alimentare le numerose fabbriche esistenti, costringendo i fabbricanti di pannilana ad importare lane in gran quantità dalla Germania.
Per quanto riguarda l’ultimo fattore, ossia la facilità di reperire manodopera a basso costo, il Comune disponeva di un grande serbatoio di manodopera contadina, che il sovraffollamento delle campagne e il bisogno di integrazione dei redditi agricoli troppo miseri e incerti, garantiva ampio e inesauribile.
Tuttavia a Follina gli imprenditori che operavano nel settore laniero non erano solamente legati a questo tipo di attività. Prima che industriali erano possidenti terrieri, anche se piccoli o medi. Si trattava per lo più di piccole o medie possessioni mai superiori ai 12 ha.
Si trattava inoltre di possidenti che avevano diversificato le loro attività; per esempio Costanzo Colles oltre che fabbricante di panni, era salsamentario, pestinaio, possedeva mulini, forni, una segheria, gestiva la manutenzione di strade, così pure Andrea Andretta.
Nella fabbrica della ditta Andrea Andretta vengono censite 103 macchine, mentre nel lanificio Paoletti questa la dotazione: “n. 2 macchine per pettinare la lana; n. 5 per filare la lana; n. 2 per follare il panno; n. 2 per purgare il panno; n. 4 per cimare il panno. Totale: 15 macchine”
Non tutte quelle elencate nello schema erano macchine propriamente dette. Tra queste possiamo annoverare le macchine per filare e per cardare il panno. Molti erano invece attrezzi che servivano per le diverse fasi di lavorazione. Fra questi troviamo sicuramente “le macchine” “per battere la lana”, per “nettar la lana”, “per unger la lana”, per pettinare la lana e per cimare il panno.
La ditta Colles e Andretta possedevano rispettivamente 37 e 38 telai interni; nel caso della ditta di Gaspare Paoletti, non vengono segnalati telai; è dunque probabile che la tessitura venisse interamente svolta a domicilio.
Almeno fino alla metà dell’Ottocento, in queste fabbriche di pannilana non sono segnalate macchine a vapore, essendo sufficiente la forza motrice fornita dall’acqua per il loro funzionamento. Esistevano però in questi tre stabilimenti nel 1847 tre “vapori atti soltanto a dilucidare le stoffe di lana fornendo con ciò l’intero compimento del lavoro”, probabilmente attrezzi per la stiratura a caldo del panno.
Pur non disponendo dei dati relativi agli altri stabilimenti di Follina, sappiamo che tuttavia erano attivi altri due lanifici: quello di Domenico Antiga, dedito alla produzione di tessuti di lana e di stoffe, e quello di Giovanni Maria Bonsembiante, dedito alla produzione di tessuti di lana.
Numerosi erano gli operai che venivano impiegati nelle fabbriche: nel 1841 erano occupati 350 operai presso il lanificio Colles, 350 presso il lanificio Andretta e 100 presso gli altri piccoli lanifici ( Paoletti, Antiga, Bonsembiante).
Questi valori si riferiscono solamente al numero di operai operanti all’interno dell'opificio.
Sicuramente l’indotto provocato a Follina e nei paesi limitrofi era molto maggiore: in effetti non era stato calcolato il numero delle donne che filavano a domicilio la lana per quasi tutte le fabbriche, ad eccezione che per la ditta Andretta che eseguiva tutta o quasi tutta la filatura a macchina.
A questa data battevano 40 telai presso il Colles, 32 presso l’Andretta e 10 presso le altre fabbriche, con una produzione di 60.000, 60.000 e di 12.000 braccia di panno rispettivamente. Ogni telaio dava quindi 1.500, 1.875 e 1.200 braccia di panno. Le braccia di panno ottenute nella fabbrica Colles erano inferiori rispetto a quelle ottenute presso la fabbrica Andretta, pur disponendo di un numero di telai maggiori. Questo era sostanzialmente dovuto al fatto che il Colles era specializzato nella produzione di panni di qualità più fine che richiedevano anche l’impiego di un maggior numero di operai per telaio.
Se la fabbrica CoIles era la più importante, almeno in termine di telai disponibili e di produzione, quella dell’Andretta lo era dal punto di vista delle persone occupate.
Da un “Prospetto delle fabbriche sussistenti in Follina descritte nome per nome, e secondo lo scopo speciale di ciascuna da aggiungere alla statistica dell’industria privata” del 1844, risulta che presso la fabbrica Andretta (producente pannilani e stoffe di lana di ogni tipo, così come nella fabbrica CoIIes) erano impiegati 400 operai rispetto ai 350 del Colles. Nello stesso prospetto viene specificato che nessun’altra fabbrica o stabilimento di industria esistente in Follina occupava più di 50 operai.
Ad ambedue le fabbriche, Colles e Andretta, verrà riconosciuto il titolo di “Imperial regia fabbrica nazionale privilegiata” dal governo di Vienna.
Nel 1852 erano impiegate nel settore complessivamente 342 persone, così ripartite: 232 uomini (68%), 89 donne (26%) e 6 fanciulli (6%). Si nota quindi la predominanza della manodopera maschile rispetto a quella femminile, almeno all’interno delle fabbriche, al contrario di ciò che accade nel comparto della seta, dove invece si registra la predominanza della componente femminile. Da notare ancora il basso impiego di fanciulli al di sotto dei quattordici anni.
Evidente il drastico ridimensionamento del settore: c’è una consistente riduzione (più del 50%) del numero degli operai nelle ditte Andretta e Colles. La spiegazione viene data dalla stessa Deputazione Comunale di Follina, ed è contenuta in una lettera del 1851 rivolta al Commissariato Distrettuale di Serravalle. In questa lettera viene rilevato come la crisi intervenuta nelle fabbriche fosse da imputarsi “totalmente alle trascorse vicende politiche”, cioè alla rivoluzione del 1848/1849. Queste avevano portato gravi danni al commercio e, di conseguenza, anche alle industrie che dal commercio erano sostenute. In particolare, Follina venne colpita molto dalla difficoltà dello smercio delle stoffe a causa della riduzione del “numerario” della popolazione, costretta a ridurre al minimo i propri consumi. Questo di fatto fece cadere la produzione di pannilana con la conseguente riduzione del personale all’interno delle fabbriche. Nonostante questo, i proprietari fecero di tutto per poter assicurare la continuità delle attività produttive.
Per quanto riguarda Follina, nel 1847 i proprietari dei principali stabilimenti avevano “purtroppo di che pensare pel giornaliero mantenimento de’ suoi operai” e i pochi possidenti erano “costretti ad assistere i loro affittuali col somministrare a loro il granoturco, i quali incominciarono anche prima d’ora ad essere sussidiati”. Inoltre, ad aggravare una situazione già difficile, intervennero nel 1848 le requisizioni per il mantenimento delle truppe, soprattutto nei confronti della ditta Colles e della ditta Andretta, di carri, cavalli, di coperte e altri generi, arrecando gravi danni alle fabbriche. Infatti la requisizione dei carri e dei cavalli impediva di fatto la possibilità di eseguire i trasporti dei generi necessari alla fabbricazione dei panni, rallentandone la produzione, con grave danno soprattutto per gli operai che rimanevano senza lavoro.
La situazione negativa continuò anche negli anni seguenti, a causa ancora della riduzione delle attività nelle fabbriche di pannilana. Tale situazione venne poi ulteriormente peggiorata dalla grave crisi della produzione vinicola dovuta all’imperversare e al diffondersi della malattia delle viti e per alcune annate di cattivi raccolti.
Un quarto della popolazione era rimasta senza lavoro, appunto per le perdite subite da questi fabbricanti, i quali si trovavano impossibilitati a proseguire i lavori, motivo per cui molti abitanti erano caduti in miseria e si videro costretti a chiedere il sussidio al Comune per non morire di fame.
Relativamente alle due fabbriche maggiori, Andretta e Colles, disponiamo di altri dati relativi al numero di operai impiegati nel 1856, dai quali emerge che nella prima erano occupati 240 operai e nella seconda 60.
Riassumendo, disponiamo dei seguenti dati relativi agli operai impiegati nelle due maggiori ditte.
PROSPETTO DEGLI OPERAI IMPIEGATI NELLA DITTA ANDRETTA E COLLES TRA IL 1852 E IL1858 
     DITTA COLLES DITTA ANDRETTA TOTALE 
1852    100                        186                       286
1856     60                         240                       300
1857    100                        280                       380
1858    150                        250                       400
Da questi dati emerge dunque che ci fu una ripresa delle attività dopo gli eventi negativi accaduti intorno alla metà del secolo, anche se non vennero tuttavia raggiunti i livelli di impiego degli anni ‘40 dell’Ottocento. È possibile già scorgere i segni di una situazione difficile di questo tipo di manifattura, che porterà sul finire del secolo alla scomparsa di queste due ditte.
In effetti il lanificio trevigiano, e in particolare il lanificio follinese non avrebbe conosciuto l’espansione industriale dell’Alto Vicentino, ma le dimensioni delle imprese sarebbero rimaste limitate quanto a numero di addetti, investimento di capitale, innovazioni tecnologiche e produzione globale

Descrizione altre attrattive
(paesaggi e luoghi d’acqua,
prodotti tipici locali e servizi
turistici aggiuntivi)

Di sicuro interesse è il vicino centro storico di Follina, all’interno del quale spicca il complesso dell’abbazia. Dal punto di vista naturalistico e paesaggistico bisogna ricordare il territorio di Cison di Valmarino, dove si trovano il percorso dei mulini nella valle del Rujo e l’arco morenico di Gai.

Commenti/note

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Compilatore della scheda

Francesco Antoniol